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13 maggio 2016

Sincronicità



Mentre continua il mio lavoro di esplorazione nei recessi ancora a me sconosciuti dei contenuti della produzione di David Bowie, cosa che già da un pò di tempo mi ha portato ad interessarmi a Jung, e mentre per altre non connesse strade, giungo a margine del lavoro di Michel Foucault di cui intravedo con difficoltà i confini, mi imbatto in questo post pubblicato sul blog della Stanford University, intitolato Rebel, Rebel? - Rivisiting the legacy of Michel Foucault via David Bowie. Un ritrovamento che ho trovato sorprendente e anche piuttosto divertente. L'immagine a corredo dell'articolo soprattutto, mi ha per qualche secondo decisamente spiazzato, come se qualcuno si fosse preso la briga di connettere due aree scollegate del mio cervello. L'esistenza di un articolo così specifico ha certamente un nesso acausale con le mie esperienze personali, e anche se il suo rinvenimento non è completamente casuale (poiché stavo effettivamente effettuando delle ricerche su Foucault), tutto questo mi porta direttamente a riflettere sul concetto di sincronicità di Jung.

La sincronicità, secondo Jung, si riferisce ad avvenimenti della realtà esterna che sono in corrispondenza significativa con un’esperienza interiore. Sincronicità non vuol dire “nello stesso tempo” ma “con lo stesso senso”.  Jung scrive: "Eppure resta un avvenimento inesplicabile, perché nelle condizioni dei nostri presupposti psichici, non ci si aspettava la sua realizzazione" (da Sincronicità - Coincidenze significative). Scrive Jung: "Io impiego dunque in questo contesto il concetto generale di sincronicità, nell'accezione speciale di coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un rapporto causale, che hanno uno stesso o un analogo contenuto significativo. Uso quindi il termine "sincronicità" in opposizione a "sincronismo", "che rappresenta la semplice contemporaneità di due eventi".  (La sincronicità, Carl G.Jung, Biblioteca Bollati Boringhieri, p.39)


La sincronicità è interessante, al di là di quanto possa essere convincente, poiché intende spiegare alcune esperienze non riconducibili alle leggi fisiche della cultura occidentale, non in senso magico, ma ammettendo che eventi psichici possano essere connessi ad eventi esterni alla psiche, per una eventualità fortuita che ha interesse soltanto per il soggetto che ne prende atto e ne ha coscienza. La psiche individuale si inserisce nel pensiero universale o meglio in un universo in cui si fondono psiche e materia, l'unus mundus (Jung si era aperto alla cultura orientale e si rifaceva in particolare all'I Ching di cui fa menzione più volte nei suoi scambi epistolari). In qualche modo tenta di formalizzare il mistero che nasce da accadimenti che si è costretti ad ignorare perché non circoscrivibili all'interno delle leggi fisiche comunemente accettate in occidente, la cui valenza è dunque per Jung statistica e non universale. Dal punto di vista dell'individuo che la sperimenta, interviene come una conferma implicita nel rafforzare la sua convinzione in scelte e percorsi in realtà già intrapresi, con l'aria di fargli prendere una strada senza pensarci, - come accadrebbe nel seguire un particolare odore che ci investe o per un impulso improvviso -  più spesso di quanto un individuo che si ritenga razionale sarebbe disposto ad ammettere.


Lo strano percorso Bowie-Jung-Foucault-Bowie-Jung (a cui dovrei già aggiungere ulteriori sentieri a latere come Orwell, Colin Wilson, James Hillman etc.) si sta rivelando articolato e non lineare e con ogni probabilità destinato ad arricchirsi di nuove numerose ramificazioni.

Mi piacerebbe essere in grado di disegnare una mappa simbolica di questo strano paesaggio in costante evoluzione, un giorno.

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